Pasquale
Da dove comincio a raccontare di te?
I ricordi si affollano alla mente, con continuità
mai interrotta…Ci sei ancora, nelle sfumature
delle note della chitarra, nelle parole struggenti
delle canzoni di De André. Quando mi sono laureata
mi hai fatto il regalo più bello: gli accordi
delle canzoni di Lucio Battisti e il disegno schematizzato
delle posizioni delle dita sui tasti per comporre
i suoni diminuiti…
C’eri sempre, quando, a quindici anni, ho cominciato
a frequentare l’équipe diocesana dei
Giovani dell’A.C., a Cristo Re, dove suor Teodora
veniva ad aprirci sgranando il rosario e parlando
in dialetto veneto. Don Vincenzo aveva coniato per
il nostro trio formidabile, con l’inseparabile
Paolina, di poco più grande di noi, la sigla
Pas Pat Pao… I pezzi da novanta, così
ci chiamava!
C’eri, quando cominciammo a fare le riunioni
del Movimento Studenti, in quel periodo della nostra
giovinezza, quando partecipare voleva dire voler lasciare
un pezzo ed un’impronta di sé attraverso
un pensiero, un’opinione espressa…
Credo che parlare di te, oggi, abbia senso solo nella
continuità.
E’ questo che ci hai lasciato, la continuità
dell’esperienza nell’esistenza.
E anche oltre. E non parlo di tradizione…
Parlo di saper fare, saper proporre, saper dire, non
lasciare nulla all’improvvisazione. Avere un
criterio di svolgimento del proprio lavoro come del
proprio discorso. Tu la chiamavi “memoria storica”
e questo dà il senso del tuo “appartenere”.
Questo sei stato, questo sei.
Gioia del suonare con foga le canzoni ironiche, durante
le serate del Campo scuola, sulla Civita, a Col di
Tora. E organizzare un mega “Cacca al diavolo,
fiori a Gesù” a trenta e più
cori, compreso quello in lingua cinese!….
Gioia di scrivere, gioia di appuntare con ordine meticoloso
sulla tua agenda… Meticolosità e precisione
che, col senno del poi, quando abbiamo dovuto imparare
ad andare avanti nelle nostre vite senza di te, si
sono rivelate quasi provvidenziali…Come se il
tuo bagaglio di esperienza volessi regalarcelo tutto,
insieme al tuo cuore, insieme al tuo amore per la
Chiesa, insieme alla tua passione per l’impegno.
Così voglio continuare a camminare…accompagnandomi
a te, facendo mio il tuo metodo di lavoro. Sei tu
stesso la raccolta scritta che ci hai lasciato, la
nostra “memoria storica”: come si organizza
un incontro diocesano? Come si organizza una festa
dell’Accoglienza? E ancora, come si porta avanti
la compagna adesioni? E le presidenze diocesane? Non
finirei mai.
In quel periodo in cui ero Segretaria diocesana, quando
Maria Giovanna Ruggieri era Presidente, tu hai fatto
l’Amministratore, raccogliendo con onore e trepidazione
l’eredità dell’impareggiabile Celestino
Maggese…In quegli anni mi hai insegnato, per
primo, a mettere le mani sulla tastiera del computer.
E non solo! Mi hai insegnato la diversità.
L’originalità. Mi hai insegnato la dignità
di essere persona.
C’eri sempre, dalle riunioni nelle oscure salette
parrocchiali alle Veglie di Pentecoste.
C’eri e sempre con qualcosa da dire, criticamente.
Ci sei, ci sei ancora, sorridi ancora delle nostre
lungaggini e farraginosità organizzative, ti
appassioni ancora, assistendo chissà da dove
ai nostri dibattiti, alle nostre divergenze ideologiche.
Ci sei, come se stessi ancora fermo, da ore, nella
cabina telefonica, come quando i gettoni costavano
ancora cinquanta lire, a chiacchierare. Ci sei, magari
assieme alla tua inseparabile chitarra, alla tua raccolta
di quaderni con gli accordi delle canzoni di cantautori
e alla tua bicicletta Graziella, con la quale arrivavi
fino sulla Civita, il pomeriggio di Pasqua, come alternativa
alla noia e alla banalità della festa consumistica.
Ci sei, ci sei, come sempre.
Il mio ricordo di te non vuole commozioni. Neanche
tu le vuoi.
Il mio ricordo vuole sapore di vita quotidiana, come
un regalo ricevuto e mai finito di contemplare per
la sua ricchezza ed originalità. Per la bellezza
della sua purezza. Sono contenta di essere stata insieme
a te nei banchi del Liceo Scientifico, a Gaeta ma
sono ancora più contenta di essere stata accanto
a te, in una scuola ancora più difficile, quella
della adolescenza prima e della giovinezza poi. Quella
della formazione spirituale. Dell’amicizia vera,
quella condivisa, quella che a volte sorpassa le parole
e i tempi di lontananza. Eravamo insieme, quando don
Vincenzo ci comunicò la notizia del voto che
avevamo avuto alla maturità, che facemmo insieme,
nel luglio del 1981 (io il 23 e tu il 25). Sessanta
sessantesimi! Eravamo già proiettati nelle
nostre infinite attività estive, a Lenola,
in ritiro spirituale. Per non rompere il silenzio
del ritiro sei scappato via! Così mi piace
ricordare quel momento: scappato via per mantenere
la fedeltà a ciò che stavi facendo!
Hai vissuto quel momento come in seguito è
capitato nei tanti momenti della tua malattia, accanto
a Dio.
Come in quel pomeriggio, a Lenola, nel silenzio del
ritiro spirituale: mi piace pensare che sei scappato
via, alla ricerca del contatto fedele con l’assoluto
che ti stava chiamando, per vivere appieno la festa
del tuo sacrificio.
Lo hai offerto.
E’ così…
Quando, oramai adulti, ci incontravamo (siamo persino
stati colleghi nella stessa scuola, il Filangieri
di Formia!), il nostro discorso riprendeva esattamente
da dove l’avevamo lasciato. E il nostro sguardo
si raccontava lo stesso, anche se le parole si facevano
difficili. O superflue.
Non ti saluto. Stai tranquillo!
Insieme a Mogol, penso di poter ripetere quelle belle
parole che dedicò a Lucio Battisti, dopo averlo
sognato: “Ti penso tanto, amico caro, davvero,
e tante cose son rimaste da dire…Ascolta sempre
solo musica vera e cerca sempre, se puoi, di capire”.
A scuola abbiamo cominciato a disegnare in ornato
uno stesso soggetto, ma con due stili, due mani, due
espressività diversi!
Ma non ho sognato: io ti ho avuto accanto e ti ho
potuto guardare, assieme a tanti amici, ti ho potuto
ascoltare e ho potuto confrontare il mio pensiero
con te. Ti devo ringraziare, per questo. Mi hai accolta,
come amica. Abbiamo lavorato nell’Azione Cattolica
insieme e tuttavia, lavorando, abbiamo costruito la
nostra maturità. Quello che sono oggi lo devo
a quegli anni. Lo devo anche alla mia amicizia forte
con te. Non ne ho dubbi.
Non so se sono una buona insegnante o una donna che
realizza la sua pienezza nella storia reale. So che
ogni giorno ricevo un regalo, una traccia, una nota
musicale, che sicuramente mi riporta a quegli anni
e mi incoraggia, mi fa continuare a camminare.
In questo mi reputo nella continuità. Ciò
che ero e ciò che sono.
Ciò che sei. Che ancora ripeti.
Non mi arrivano sms da te…Mi arrivano parole,
però!
Grazie, perché continui ad affiancarti al cammino
di tutti noi. Dammi l’accordo in re minore,
cantiamo insieme, come allora: “Chiedo alla
mia mente coraggio di cercare, chiedo alle mie mani
la forza di donare, chiedo al cuore incerto passione
per la vita e chiedo a te, fratello, di credere con
me!...
…Io so quanto amore chiede questa lunga attesa
del tuo giorno, o Dio” (Pierangelo Sequeri).
Grazie, Pasquale!
2002 -13 maggio-2012
Patrizia
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